#PuntidiVista: non solo dono di sangue
Quando Maria Chiara parla, si sente Haiti nella sua voce. Durante il suo racconto sembra di immergersi nei suoni, nei colori, nella confusione, ma anche nella gioia paradossale e sconvolgente di chi non ha nulla, ma sembra avere tutto.
Maria Chiara Barbesino ha compiuto appena i venti anni ed è approdata in Avis, a Vedano Olona, in un momento particolare della sua vita, quando ha anche cominciato a partecipare a progetti di volontariato all’estero. Mentre tra una profilassi e l’altra aspetta che il suo sangue sia buono per essere donato, pensa già al prossimo viaggio che la porterà in Africa a conoscere un altro mondo e un’altra cultura. «Ad agosto – racconta – partirò per l’Uganda dove vivrò un’esperienza particolare perché sarò ospitata da una famiglia del posto».
Per Maria Chiara l’avvicinamento ad Avis, dopo il compimento della maggiore età, è stato anche un po’ una questione di famiglia. «Mia mamma – racconta – mi ha sempre incoraggiata verso questa scelta così come la mia famiglia condivide il mio desiderio di mettermi a disposizione degli altri». Ed è proprio la capacità di pensare agli altri e di donarsi che rende la storia di Maria Chiara, un esempio di come il dono in Avis può andare ben oltre il dono di sangue.
Il suo primo viaggio ad Haiti? È stato nel 2015 e al rientro, per lei, c’era l’ultimo anno di Liceo da affrontare. «Dopo quella prima esperienza – dice – è stato molto difficile e strano tornare a vivere qui: conoscere la gioia di chi non ha nulla ed è però sempre felice, mi ha cambiata molto». Messa alle spalle la maturità scientifica, Maria Chiara ha scelto di iscriversi alla facoltà di infermieristica e nel frattempo ha fatto il suo secondo viaggio, sempre ad Haiti l’estate scorsa.
«Il progetto di volontariato sportivo internazionale del C.S.I. con cui sono partita – dice – mi ha portato ad affiancare educatori locali in diversi contesti in cui ci si occupa di minori ad Haiti: ho visto diverse realtà, alcune più protette e formali ed altre meno». L’isola, che porta ancora i segni del terribile terremoto di sei anni fa, nelle parole di Maria Chiara è un luogo di colori, musica, gran confusione, gioia, ma anche di sofferenza fatta di piccoli rimasti orfani e di realtà come Wharf Jeremie che fa parte della baraccopoli di Cité Soleil, sorta appena fuori dalla capitale Port au Prince – dove si sta così schiacciati gli uni sugli altri che sembra mancare il fiato.
«Nonostante tutto – racconta ora – per me la vera vita è laggiù: solo stando lì ho capito veramente chi ero e cosa volevo fare da grande».